GARIBALDI ED I GARIBALDINI
Volevo dire qualcosa su Garibaldi ma la morte di Ciampi ha mandato in secondo ordine il primo progetto.
Mi riprometto di postare una gradevole ricetta culinaria, ma nel frattempo ecco cosa mi ha spinto a scrivere qualcosa su Garibaldi.
Mi sono sempre chiesto come mai
un manipolo di circa 850 bergamaschi garibaldini avessero potuto sconfiggere un
esercito borbonico di oltre 15.000 soldati validamente equipaggiati. La risposta
che mi son dato è che il tradimento con vile denaro e con promesse di latifondi
avesse indotto i comandanti borbonici a lasciare il passo ai garibaldini
etero guidati dagli esponenti autorevolissimi della massoneria inglese che
finanziò armi, munizioni e flotta per far sbarcare a Marsala l’eroe dei due
mondi. Ippolito Nievo era il Vice Intendente e gestore delle finanze
garibaldine con le quali si comprarono i traditori borbonici. Il Rendiconto di
questi episodi unitamente alle ricevute dei pagamenti vennero portati da Ippolito Nievo sulla nave Ercole, nave a
vapore ed a vele che il 4 marzo 1861
salpò da Palermo alla volta di Napoli. Il Rendiconto conteneva notizie che non
dovevano essere svelate e che dimostravano senza dubbio alcuno l’ingerenza del
governo inglese nella caduta del Regno delle due Sicilie.
Alla partenza della nave da
Palermo il console amburghese Hennequin, che a Palermo curava gli interessi
inglesi, aveva cercato di dissuadere Nievo dall’imbarcarsi su quella nave, ma
il Vice Intendente ignorò il criptico avviso dell’annunciata prima strage di
Stato dell’Italia unita.
La nave salpò e nei pressi di
Napoli saltò in aria per via di un’esplosione delle caldaie! Con l’inabissamento
dell’Ercole perirono 79 persone e andò distrutto il prezioso rendiconto. I
piemontesi, bersaglieri e carabinieri si distinsero per crudeli rappresaglie
nei confronti delle popolazioni meridionali, ma di questo non voglio parlare, voglio
invece mettere in evidenza il valore militare e morale di Giuseppe Garibaldi le
cui conquiste furono enormemente facilitate da elargizioni di denaro.
Detto questo vi invito ad
acquistare e leggere il libro scritto a Pino Aprile – CARNEFICI che tratta
delle inaudite violenze documentatissime inflitte alle popolazioni meridionali
dai nuovi conquistatori nordisti. Anziché fare il riassunto di una pagina
iniziale del suddetto libro ve ne riporto un pezzo dal quale si evince
chiaramente la statura di Don Peppino nazionale sistemato a cavallo su molti
piedistalli nelle italiche piazze.
Vi faccio però una domanda: se un
cittadino ottiene un consistente prestito da una banca e non lo restituisce
avendone i mezzi lo considerate un galantuomo oppure un truffatore? Se un
cittadino avalla un prestito concesso da una banca ad un suo parente stretto e
poi non fa fronte all’impegno assunto, è sempre un galantuomo oppure un lestofante?
Ora la risposta che darete risalta le qualità morali del nostro Don Peppino a
cavallo !!!|
Da “”””Pino
Aprile -
CARNEFICI “”””
Il patriarca di Cosa Nostra, Joe
Bonanno, narra che il nonno e i suoi picciotti seguirono Garibaldi perché fu
loro garantito di poter «condurre più liberamente i propri affari» (a proposito
di patti Stato-mafia...); lo stesso Garibaldi, già condannato dal regno di
Sardegna alla «pena di morte ignominiosa come nemico della patria e dello
Stato», in fuga dalla fallita insurrezione romana del 1849, accettò dal
Piemonte un compenso di lire 300 mensili, «con un anticipo di 1.200 lire
integrate da altre 1.000 prima della partenza per Gibilterra», scrive Gennaro
De Crescenzo, in Contro Garibaldi. Siamo vissuti con il mito dell’eroe che,
conquistato un regno, lo consegna e se ne parte per la sua isola, Caprera, con
un sacchetto di fagioli. Be’, intanto l’isola se l’era comprata e
"ammiratori” inglesi gli avrebbero regalato la parte ancora non sua, poi,
il professor Alfonso Scirocco, riferisce De Crescenzo, che ne fu allievo,
racconta della «notevole somma» che, «assegnata riservatamente da Vittorio
Emanuele» a Garibaldi, «avrebbe consentito la costruzione di una nuova casa a
Caprera all’indomani dell’unificazione, con una trentina di dipendenti, 500
capi di bestiame, orti, stalle, magazzini, macchine a vapore, mulini, giardini
e vere e proprie strade», e pochi anni dopo, «un nuovo veliero di 42 tonnellate
arricchì la sua flottiglia» (a voler parlar male di Garibaldi: sicuro che nel
sacchetto ci fossero fagioli e non altro?). Mentre Guido Vignelli e Alessandro
Romano, in Perché non festeggiamo l'Unità d'Italia, dopo aver elencato le
razzie del sacco di Napoli, a opera del nizzardo e dei suoi uomini, gettano
un’ombra pesante su una stranezza del Risorgimento: perché tutti gli Stati
preunitari vennero invasi e annessi e la Repubblica di San Marino no? E citano
«frequenti viaggi che il Crispi \generale garibaldino che preparò l'invasione
della sua Sicilia, con Rosolino Pilo e Giovanni Corrao; poi fu il primo non
settentrionale capo di governo italiano, dopo 25 anni di Unità, N.d.A.] ed i
figli di Garibaldi fecero allora nella Repubblica di San Marino» e che «aprono
un panorama nuovo ed una serie di interessanti ipotesi sull’impiego dell'oro e
delle valute sottratte alle casse dell’ex Regno delle Due Sicilie. D’altra
parte, la storia ufficiale non è riuscita a giustificare in modo inconfutabile
come e perché le truppe piemontesi di invasione non abbiano annesso l’antica
repubblica del Monte Titano al nuovo Regno d’Italia. Furono forse clienti di
quelle banche che solo di recente sono rientrate sotto il controllo
internazionale, oppure furono addirittura tra i fondatori di uno o più istituti
di credito?». L’idea di un paradiso fiscale a portata di mano, per gli
unificatori del Paese suona almeno sorprendente (se volessi infierire,
ricorderei come si regolava con il fisco, l’eroe dei due mondi: nell’archivio del
Monte de’ Paschi di Siena, si conserva una sua lettera manoscritta del 1875:
«Egregio esattore, mi trovo nell’impossibilità di pagare imposte», firmato,
Giuseppe Garibaldi. Al Banco di Napoli andò peggio, perché don Peppino fece da
garante a un figlio per un prestito salatissimo e sulla parola; e non pagarono
né l’uno, né l’altro). Ma se il possibile paradiso fiscale è risparmiato da chi
potrebbe eliminarlo, la prima cosa che viene in mente è che gli serva così
com’è... Nessuno può affermare che le cose stiano così, perché non lo si può
dimostrare, ma la stranezza, come vedete, genera domande.
Compratevi il libro e sappiate
che ogni fatto è documentato analiticamente attraverso documenti ufficiali e
diari di combattenti e reduci delle campagne militari e no dell’epoca.
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