Ieri all’alba Reyhaneh Jabbari è
stata impiccata. Aveva 26 anni ed era accusata di aver ucciso il suo stupratore
che l’aveva invitata a casa sua con la promessa di un posto di lavoro, ma con l’intenzione
di violentarla. E lei aveva solo 17 anni !
Le suppliche mondiali non hanno
fatto breccia tra i barbuti islamici, inflessibili e bene organizzati. Pensate
che in Iran vi è il Ministero Per La Diffusione Della Virtù e quello per la
Repressione Del Vizio.
Un paese che commina la pena di
morte con lapidazione e con impiccagione è un paese civile?
In Pakistan un’altra giovane
cristiana Asia Bibi è stata condannata a morte, condanna che molto
probabilmente sarà eseguita tra qualche giorno. La sua unica ‘colpa’ è aver difeso il suo credo e, secondo alcune
donne musulmane – operaie agricole come lei che la discriminavano e
maltrattavano per la sua fede – aver offeso il profeta islamico Maometto
durante una discussione.
Le donne in questi paesi civili
sono considerate peggio delle bestie. Per un nonnulla vengono frustate a sangue
tra la soddisfazione e l’ilarità degli astanti.
In Siria una donna adultera è stata
condannata alla lapidazione e l’addetto al cerimoniale ha dato il via all’operazione
alla quale ha partecipato anche il padre della sventurata al quale la poveretta
aveva inutilmente implorato il perdono. Gli spettatori hanno gioito pensando
all’esempio per le altre giovani donne che probabilmente avrebbero evitato di
commettere adulteri.
La ragazza prima di morire è
stata autorizzata a pronunciare alcune parole ( pensate neanche di fronte alla
morte si può dire l’ultima parola se non dietro autorizzazione del cerimoniere
) che ha rivolto al padre, anzi a tutti i padri presenti per godersi lo
spettacolo. Ha supplicato gli amorevoli genitori di vegliare sulle figlie e
controllare le loro frequentazioni!!
Ho visto in un telegiornale per
caso ( per me i video delle esecuzioni, lapidazioni e tagli delle teste non
dovrebbero mai e poi mai essere trasmessi. Ma si sa l’audience! ) il video dell’ultimo
incontro tra Reyhaneh Jabbari e sua
madre. Un incontro straziante oltre ogni limite. Reyhaneh Jabbari era vestita con un abito funereo ed era
seduta, mentre la madre, similmente vestita, le era davanti inginocchiata e
piangendo sconsolata le abbracciava le gambe. La figlia serena la consolava.
Reyhaneh Jabbari è stata una persona eccezionale. Per salvarsi
poteva dire che lo stupro non c’era stato, così come pretendeva il figlio dello
stupratore. Avrebbe ottenuta salva la vita. Ha preferito morire. E’ stato
proprio il figlio dello stupratore a dare il calcio alla sedia su cui la
vittima sacrificale era stata fatta salire giusto per provocarne la morte. Alla
sciagurata cerimonia purtroppo erano anche presenti – non so se dietro loro
richiesta – i genitori di Reyhaneh e non posso immaginare lo strazio nell’assistere
al calcio alla sedia ed al penzolamento del povero corpo!
In questi paesi civili la donna
violentata ha pochissimo scampo. Se sopravvive alla violenza viene frustata per
essersi congiunta a uomini, se reagisce uccidendo l’aggressore viene impiccata.
E poi vi è da noi chi si straccia
le vesti se sente dire che la nostra civiltà è senza alcun dubbio migliore di
quelle a grande predominanza islamica.
Reyhaneh Jabbari hai concluso la
tua giovane vita con eroismo e dignità ora
Riposa in pace
rest in peace
بقیه در صلح
Il 27 ottobre 2014 è stata pubblicata la lettera di addio di Reyhaneh Jabbari alla madre. Questa lettera consegna alla storia la grandezza di una sventurata giovane travolta da un destino terribile e che ha voluto chiudere la sua esistenza terrena a testa alta, guardando in faccia al nemico chiedendo di lasciare in dono le ultime cose che aveva: le membra del suo corpo. Questa sua ultima richiesta le è stata negata, così come le sono stati negati i funerali. Da quella fossa si alza una luce vivissima che mai si spegnerà a dispetto dei suoi carnefici.
Ecco la lettera di addio:
"Cara Shole, oggi ho appreso
che è arrivato il mio turno di affrontare la Qisas (la legge del taglione del
regime ndr). Mi sento ferita, perché non mi avevi detto che sono arrivata
all’ultima pagina del libro della mia vita. Non pensi che dovrei saperlo? Non
sai quanto mi vergogno per la tua tristezza. Perché non mi hai dato la
possibilità di baciare la tua mano e quella di papà?
Il mondo mi ha permesso di vivere
fino a 19 anni. Quella notte fatale avrei dovuto essere uccisa. Il mio corpo
sarebbe stato gettato in un qualche angolo della città e, dopo qualche giorno,
la polizia ti avrebbe portata all’obitorio per identificare il mio cadavere, e
avresti appreso anche che ero stata stuprata. L’assassino non sarebbe mai stato
trovato poiché noi non godiamo della loro ricchezza e del loro potere. E poi
avresti continuato la tua vita nel dolore e nella vergogna, e un paio di anni
dopo saresti morta per questa sofferenza, e sarebbe finita così.
Ma a causa di quel colpo
maledetto la storia è cambiata. Il mio corpo non è stato gettato via, ma nella
fossa della prigione di Evin e nelle sue celle di isolamento e ora in questo
carcere-tomba di Shahr-e Ray. Ma non vacillare di fronte al destino e non ti
lamentare. Sai bene che la morte non è la fine della vita.
Mi hai insegnato che veniamo al
mondo per fare esperienza e per imparare una lezione, e che ogni nascita porta
con sé una responsabilità. Ho imparato che a volte bisogna combattere. Mi
ricordo quando mi dicesti che l’uomo che conduceva la vettura aveva protestato
contro l’uomo che mi stava frustando, ma quest’ultimo ha colpito l’altro con la
frusta sulla testa e sul volto, causandone alla fine la morte. Sei stata tu a
insegnarmi che bisogna perseverare, anche fino alla morte, per i valori.
Ci hai insegnato andando a scuola
ad essere delle signore di fronte alle liti e alle lamentele. Ti ricordi quanto
hai influenzato il modo in cui ci comportiamo? La tua esperienza però è
sbagliata. Quando l’incidente è avvenuto, le cose che avevo imparato non mi
sono servite. Quando sono apparsa in corte, agli occhi della gente sembravo una
assassina a sangue freddo e una criminale senza scrupoli. Non ho versato
lacrime, non ho supplicato nessuno. Non
ho cercato di piangere fino a perdere la testa, perché confidavo nella legge.
Ma sono stata incriminata per
indifferenza di fronte ad un crimine. Vedi, non ho ucciso mai nemmeno le
zanzare e gettavo fuori gli scarafaggi prendendoli per le antenne. Ora sono
colpevole di omicidio premeditato. Il mio trattamento degli animali e’ stato
interpretato come un comportamento da ragazzo e il giudice non si e’ nemmeno
preoccupato di considerate il fatto che, al tempo dell’incidente, avevo le
unghie lunghe e laccate.
Quanto ero ottimista ad
aspettarmi giustizia dai giudici! Il giudice non ha mai nemmeno menzionato che
le mie mani non sono dure come quelle di un atleta o un pugile. E questo paese
che tu mi hai insegnata ad amare non mi ha mai voluta, e nessuno mi ha
appoggiata anche sotto i colpi dell’uomo che mi interrogava e piangevo e sentivo
le parole più volgari. Quando ho rimosso da me stessa l’ultimo segno di
bellezza, rasandomi i capelli, sono stata premiata con 11 giorni di isolamento.
Cara Shole, non piangere per
quello che senti. Il primo giorno che nell’ufficio della polizia un agente
anziano e non sposato mi ha colpita per via delle mie unghie, ho capito che la
bellezza non e’ fatta per questi tempi.
La bellezza dell’aspetto, la bellezza dei pensieri e dei desideri, la
bella calligafria, la bellezza degli occhi e di una visione, e persino la
bellezza di una voce piacevole.
Mia cara madre, il mio modo di
pensare e cambiato e tu non sei responsabile. Le mie parole sono senza fine e
le darò a qualcuno in modo che quando sarò impiccata senza la tua presenza e
senza che io lo sappia, ti verranno consegnate. Ti lascio queste parole come
eredità.
Comunque, prima della mia morte,
voglio qualcosa da te e ti chiedo di realizzare questa richiesta con tutte le
tue forze e tutti i tuoi mezzi. Infatti, e’ la sola cosa che voglio dal mondo,
da questo paese e da te. So che hai bisogno di tempo per questo. Per questo ti
dirò questa parte del mio testamento per prima. Per favore non piangere e
ascolta. Voglio che tu vada in tribunale e presenti la mia richiesta. Non posso
scrivere questa lettera dall’interno della prigione con l’approvazione delle
autorità, perciò ancora una volta dovrai soffrire per causa mia. E’ la sola cosa per cui, anche se tu dovessi
supplicarli, non mi arrabbierei – anche se ti ho detto molte volte di non
supplicarli per salvarmi dalla forca.
Mia buona madre, cara Shole, più
cara a me della mia stessa vita, non voglio marcire sottoterra. Non voglio che
i miei occhi o il mio cuore giovane diventino polvere. Supplicali perché subito
dopo la mia impiccagione, il mio cuore, i reni, gli occhi, le ossa e qualunque
altra cosa possa essere trapiantata venga sottratta al mio corpo e donata a
qualcuno che ne ha bisogno. Non voglio che sappiano il mio nome, che mi
comprino un bouquet di fiori e nemmeno che preghino per me. Ti dico dal
profondo del cuore che non voglio che ci sia una tomba dove tu andrai a
piangere e soffrire. Non voglio che tu
indossi abiti scuri per me. Fai del tuo meglio per dimenticare i miei giorni
difficili. Lascia che il vento mi porti via.
Il mondo non ci ama. Non voleva
il mio destino. E adesso sto cedendo e sto abbracciando la morte. Perché nel
tribunale di Dio incriminerò gli ispettori, l’ispettore Shamlou, il giudice, i
giudici della Corte suprema che mi hanno colpita quando ero sveglia e non hanno
smesso di abusare di me. Nel tribunale del creatore accuserò il dottor Farvandi, e Qassem Shabani e tutti coloro che
per ignoranza o menzogna mi hanno tradita e hanno calpestato i miei diritti.
Cara Shole dal cuore d’oro,
nell’altro mondo siamo io e te gli accusatori e loro sono gli imputati. Vediamo
quel che vuole Dio. Io avrei voluto abbracciarti fino alla morte. Ti voglio
bene".
Reyhaneh